Questo documento, che viene offerto alla più ampia discussione tra le diverse articolazioni territoriali del Partito democratico, nasce da due considerazioni di fondo che chiamano il nostro partito a riflettere sulla sua funzione, i suoi compiti e le sue responsabilità nella società italiana contemporanea.
La prima affonda in un riferimento alto che mantiene tutte intere la sua originalità e la sua modernità, e rimane ancora non del tutto applicato. L’articolo 49 della Costituzione, infatti, dedicato ai partiti politici, indica quale è, o dovrebbe essere, la loro missione per il Paese “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere, con metodo democratico, a determinare la politica nazionale”. E’ un fatto che ancora oggi il panorama partitico italiano non interpreta fedelmente il dettato costituzionale, anzi per certi versi, attraverso la sempre più frequente creazione di organizzazioni politiche esclusivamente legate alla persona del fondatore e per questo a gestione personalistica, si può affermare che se ne sia allontanato ancora di più che nel passato. In questo quadro il PD è un “caso isolato”, essendo di fatto l’unica forza politica che già nel suo nome racchiude la sua identità: “partito” e “democratico”, con l’esplicita intenzione di riferirsi al principio costituzionale, naturalmente ben consapevole di non aver mai acquisito del tutto e per sempre l’obiettivo. Una comunità politica non legata ai destini di una persona ma che proprio attraverso la pratica della democrazia interna (il metodo democratico) e raccolta intorno a una leadership legittimata e riconoscibile, può essere credibile per organizzare e curare il futuro della democrazia italiana.
Il “metodo democratico” consiste in primo luogo in un sistema di regole che tutelino i diritti degli associati (iscritti ed elettori), garantiscano la trasparenza dei processi decisionali e la effettiva contendibilità degli incarichi. Consiste, inoltre, in meccanismi che rendano quelle regole effettivamente vincolanti e non interpretabili a piacimento da chi, temporaneamente, guida il partito. Non è un caso che proprio il Partito democratico, l’unico tra i partiti di oggi ad essersi dotato di un tale sistema di regole, abbia presentato, sia nelle legislatura precedente, sia in quella attuale, un disegno di legge per dare finalmente piena applicazione all’art. 49. Così come non è un caso che alcune altre forze politiche si oppongano ai principi in esso contenuti. Il principio costituzionale rimane ancora la stella polare per rendere il sistema dei partiti in Italia capace di recuperare un rapporto virtuoso con i cittadini, in un tempo in cui si mette in discussione non solo l’utilità dei partiti ma la loro stessa necessità per il Paese.
A questo livello si innesta la seconda considerazione di fondo. Se è vero come è vero che noi crediamo che il partito, quale libera associazione di cittadini che con metodo democratico concorre alla formazione della politica nazionale, sia ancora la via maestra per la partecipazione delle persone, siamo altrettanto consapevoli che il partito è un organismo vivente che, piantato nella società, non può limitarsi ad auto interpretarsi in modo statico e autoreferenziale. I mutamenti sociali non possono che interrogare un partito come il PD proprio per la sua identità e la responsabilità che sente su di sé. Gli ultimi anni sono stati attraversati da una serie di profondi mutamenti sociali, economici e politici. La crisi economica globale, i mutamenti nel mondo del lavoro e nella natura del capitale, l’accresciuta complessità delle decisioni, la caduta delle ideologie del ‘900 e l’oscillazione fra relativismo e pensiero unico liberista, l’affermarsi di nuove forme di comunicazione connesse con l’utilizzo della rete, il futuro del sogno europeo minacciato da populismi sempre più aggressivi e dal deficit di democrazia nel governo dell’Unione europea, la terribile sfida che il terrorismo porta ai valori fondanti della civiltà e più in generale la consapevolezza di essere entrati in una fase storica che segnerà il nostro futuro e che richiede scelte coraggiose, chiamano la politica a una profonda riflessione sulla sua capacità di essere adeguata ai tempi. Per farlo non c’è altra via che rimettere in connessione la forma partito con la vita concreta e quotidiana dei cittadini. Un compito che, per sua responsabilità, la politica ha a lungo disatteso e che è il motivo di fondo del suo discredito nell’opinione pubblica. Il PD sente su di sé questo compito e vuole affrontare in profondità questa sfida.
A partire dalla consapevole certezza che la forma partito così come la si intendeva un tempo, definita con una formula efficace “partito-chiesa”, fondato su una ideologia dai contorni rigidi, che chiedeva una forma di adesione totalizzante e costante e intendeva rappresentare una specifica componente sociale, non è più in grado da tempo di interpretare e leggere con efficacia una società segnata da cambiamenti tanto profondi quanto rapidi. La nascita del Partito democratico, per il processo politico da cui è scaturito e per la forma sempre in evoluzione ma decisamente nuova che lo contraddistingue, è una risposta, un tentativo serio di affrontare il compito dei partiti in una stagione mutata per leggere la realtà in profondità e immaginarla per come dovrebbe essere. Il PD risponde a una necessità storica per l’Italia: quando si è compiuta la scelta della sua fondazione erano più che maturi i tempi per dar vita a un soggetto nuovo, capace di fondere le migliori tradizioni politiche riformiste e popolari nate dall’antifascismo superando, al tempo stesso, i limiti che avevano segnato l’esaurimento della loro funzione storica. Proprio quando tutto cambia, servono ancoraggi forti perché il vento del cambiamento non spazzi via ciò che di valido e fecondo, sul piano culturale e valoriale, dobbiamo portare con noi nel tempo nuovo. Abbiamo il merito di aver colto per primi in Europa la necessità storica di un superamento delle famiglie politiche ereditate dal Novecento, e deve continuare la ricerca comune per un pensiero che dovrà essere in grado di superare tutte quelle esperienze e dare un volto credibile alla sinistra riformista. La sinistra europea, il PSE, sono in mezzo al guado, tra vecchio e nuovo, e il PD ha in sé la forza e le capacità per contribuire affinché l’approdo sia presso le sponde di un pensiero riformista inedito. Il PD ha aperto la sfida del ritorno dell’autorevolezza e della forza della politica. Di questa forza, la cultura politica è un ingrediente non secondario. Una cultura politica è tale se fornisce gli strumenti per leggere la realtà in profondità e immaginarla per come dovrebbe essere. Lavorare per una cultura politica condivisa non significa un ritorno a partiti monolitici, con un tentativo di omologazione antistorico e sterile. Il PD è nato plurale e ricco di storie e sensibilità diverse. Può continuare ad essere la sua forza. Il pluralismo è una ricchezza se rimane alleato del sentimento di comunità che sempre deve vivere in un partito; Se le posizioni di ciascuno contribuiscono alla formazione della posizione generale; Se l’esito di una discussione rappresenta un passo in avanti, una sintesi nuova, un arricchimento rispetto ai punti di partenza. Lo sforzo sarà dunque quello di ‘impegnare’ e coinvolgere tutti in un percorso comune, alla fine del quale ciascuno possa riconoscersi nel risultato finale, senza con questo abdicare da un lato alla necessità della decisione che compete a un partito che ambisce la governo del Paese e al suo rispetto da parte di tutti una volta che è stata assunta attraverso l’esercizio del metodo democratico.
Per “parlare” con i cittadini è necessario tuttavia “leggere” con attenzione le forme e i modi, per certi versi inediti e anche impliciti, coi quali essi “guardano” alla politica. Non possiamo non dirci che davvero è cambiato tutto su questo punto. Non tanto perché gli elettori italiani non hanno più intenzione di prendere parte alla cosa pubblica ma perché chiedono alla politica, e in essa ai partiti, di svolgere fino in fondo il loro compito che è insieme quello di rappresentarne le istanze raccogliendone i bisogni, conoscenze e idee e di assumersi la responsabilità della decisione, del governo e dopo ancora di consentire ai cittadini di verificarne i risultati. Questo è ciò che si chiede anche ai partiti. Questo è l’unico modo per ridare alla politica la sua dignità e la sua autorevolezza. Il PD ne è consapevole e sta agendo per questo, per portare sempre più persone dentro la dinamica del governo in una società complessa che non ha più i connotati di una rigida classificazione. Sa anche che non si può più rimanere chiusi alle nuove forme espressive con le quali le persone si rapportano con la politica. Siamo di fronte a un mondo inesplorato ma che non può lasciare inerte un partito come il nostro. Siamo di fronte a quello che potremmo definire un arcipelago di militanze, ai multiformi modi che nella contemporaneità i cittadini si sono abituati a utilizzare, con diversa intensità ma con uguale pregnanza, nel rapportarsi con la politica, e in particolare con un partito come il nostro. Iscritti, elettori, volontari, ma anche chi, militando in organizzazioni di cittadinanza attiva, è pronto a dedicare una frazione del proprio tempo per riversare nel partito – se questo sa aprirsi – le proprie esperienze e il proprio sapere. E ancora chi ed è ovviamente sempre più frequente, usa le opportunità dell’evoluzione della rete, per arrivare anche a coloro che noi non possiamo conoscere ma che ci hanno mandato un segnale più che esplicito come la destinazione del 2 per mille al PD e dei quali non possiamo ignorare il messaggio. Siamo di fronte certamente a isole di diversa dimensione territoriale, e anche di diversa densità di popolazione, che si trovano ad essere frequentate da migrazioni interne e che posseggono una diversa “importanza economica” tra loro, ma non possiamo più permetterci di non parlare a tutto l’arcipelago, esattamente per il compito che abbiamo dichiarato di assumerci: rappresentare, governare e lasciarsi verificare, aprendo la nostra casa al contributo di tutti coloro che desiderano partecipare alla trasformazione sociale secondo una chiara e moderna prospettiva riformista. Un partito che per questo ha scelto nelle primarie, strumento delicato e sempre perfettibile ma decisivo, il suo tratto distintivo per la scelta di chi quella proposta riformista di governo deve rappresentare e che deve offrire luoghi permanenti, fisici e virtuali, di confronto aperto, informato, dove realizzare azioni e progetti, dove perseguire risultati concreti e comprensibili per tutti i cittadini, a iniziare da quelli che partecipano alle primarie. Un PD non per questo dall’identità sfumata ma una comunità democratica capace di essere interlocutrice dell’intero corpo sociale nella sua complessità per un’azione incisiva di governo del cambiamento, forte delle sue convinzioni, dei suoi ideali e della sua cultura politica che affonda nella migliore tradizione politica italiana. Ancora una volta, per riportare la politica, sempre fragile, al ruolo e all’autorevolezza che le competono e che sono essenziali per affrontare le sfide radicali del presente e del futuro. Una missione che il PD ha inscritta fin dall’inizio nel suo statuto e che lo qualifica come la vera novità nella politica nazionale: un partito di iscritti ed elettori, federale e radicato nei territori, che presenta a tutti i cittadini una chiara proposta di governo, che mette a disposizione la sua leadership, scelta attraverso il coinvolgimento della sua intera comunità, per la guida del governo. Su queste considerazioni e a partire da questi punti fermi della carta d’identità del PD, si è deciso di costituire una Commissione “Forma-partito”, alla quale hanno partecipato tutte le sensibilità presenti nel partito, per ragionare sulla necessità di affrontare queste nuove sfide.
La Commissione, a conclusione di un intenso lavoro che ha visto importanti interlocuzioni, a partire da chi in questi anni ha guidato il partito, e avvalendosi dei lavori del seminario sul partito organizzato durante la Festa nazionale dell’Unità di Milano dello scorso settembre, offre questo documento di proposte “aperte” su alcuni temi rilevanti alla discussione dei Circoli e degli organismi dirigenti territoriali, con la consapevolezza che solo il massimo ascolto e la massima condivisione potranno generare progetti concreti e condivisi che, a loro volta, si trasformeranno in alcune proposte di modifiche statutarie che saranno discusse ed approvate nella prossima Assemblea nazionale.
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Il presente documento redatto dalla “Commissione nazionale forma-partito”, sarò oggetto di discussione e valutazione in una prossima Assemblea Comunale del Partito Democratico, Unione Comunale di Pontassieve.
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